Al museo ci vado in bicicletta
Nadia Bendinelli
18. August 2022
I corridori si riposano durante la Sei giorni di Zurigo-Oerlikon, 1966. (Foto: Comet Photo AG Zurigo © ETH-Bibliothek Zurigo)
Questa volta sono le biciclette a fare da protagoniste: il Landesmuseum di Zurigo propone una piccola mostra dedicata alle varie discipline del ciclismo svizzero.
È inutile nasconderlo: la redazione di swiss-architects ha un debole per il ciclismo. Alcuni lettori ricorderanno l’intervista a Marlen Reusser, medaglia d’argento sia nella cronometro olimpica che in quella dei mondiali, oltre ai resoconti sulle recenti imprese di Nicole Reist, ultracyclist quasi imbattibile anche tra gli uomini. Non potevamo dunque mancare all’apertura della nuova esposizione al Landesmuseum, dedicata proprio al ciclismo svizzero.
A detta della curatrice, è la prima volta che il Museo nazionale si occupa di sport. Non a caso però, la scelta è caduta sul ciclismo. L’argomento, che nella mostra è trattato da un punto di vista puramente sportivo e storico, è attuale per vari motivi. Seppure non parliamo dello sport più seguito in Svizzera, ci troviamo senza dubbio in un momento di particolare sviluppo. Dopo il recente podio olimpico interamente svizzero, composto dalle specialiste della mountain bike Jolanda Neff, Sina Frei e Linda Indergand, è ora possibile seguire le gare di Coppa del Mondo anche alla RSI. Vari quotidiani hanno acclamato l’accresciuto interesse rivolto allo spettacolare Tour de France di quest’anno. A livello amatoriale le vendite sono salite alle stelle: che si tratti di biciclette di alta gamma, e-bike per pendolari o della più recente moda del gravel, legata anche al bikepacking, sembrerebbe che chiunque sia ormai in sella a una nuova bicicletta, o, ahimè, ne stia ancora aspettando la consegna.
La scelta di adoperare la bici come mezzo di trasporto, ci porta a considerare tematiche importanti come l’ecologia e l’urbanistica. Finalmente anche alle nostre latitudini non è più possibile negare l’evidenza: occorrono molte più piste ciclabili per favorire questo tipo di circolazione e soprattutto per garantire la sicurezza delle persone. Si stanno muovendo i primi passi, ma siamo ancora ben lontani dalle condizioni ideali raggiunte da tempo nei Paesi del Nord Europa. La volontà politica per agire in questo senso è purtroppo quasi inesistente. Organizzare delle esposizioni sull’argomento, come questa al Museo nazionale o quella proposta nel 2017 dal Gewerbemuseum Winterthur – «Bike | Design | City» – sull’urbanistica e la viabilità, è un buon metodo per sensibilizzare l’opinione pubblica e suggerire delle alternative.
La Sei giorni alla pista di Zurigo-Oerlikon, 1968. Lo scopo di questa gara consisteva nel percorrere la maggiore distanza possibile nell’arco di sei giorni, durante i quali due corridori che formavano una squadra si davano il cambio. (Foto: Comet Photo AG Zurigo © ETH-Bibliothek Zurigo)
Albert Zweifel, 5 volte campione del mondo di ciclocross e ciclista su strada, 1976. (Foto © Museo nazionale svizzero)
Tour de Suisse, 1988. (Foto © Museo nazionale svizzero / ASL)
Corsa ciclistica femminile a Ginevra, 1950. A partire dagli anni cinquanta si iniziò a organizzare gare ufficiali anche per le donne, ma bisognerà aspettare fino al 2021 per vedere il primo Tour de Suisse al femminile. (Foto © Museo nazionale svizzero)
Truppe di ciclisti, 1938–1945. Dal 1891 al 2003 l’Esercito svizzero ha avuto a disposizione truppe di ciclisti, che in principio fungevano da corrieri e da messaggeri. (Foto © Museo nazionale svizzero)
Una visita piacevoleLa piccola mostra, allestita con cura, propone una panoramica sulla storia del ciclismo a livello svizzero. Numerose fotografie e brevi spiegazioni ci avvicinano ai protagonisti delle varie discipline agonistiche, emersi nel corso degli anni. Si parla di ciclismo su strada, su pista, di ciclocross, mountain bike e di discipline meno note ma altrettanto interessanti o curiose. I visitatori apprezzeranno la vista di biciclette originali come quella dell’iconico Ferdy Kübler o di un fortissimo Fabian Cancellara, senza dimenticare la MTB che ha portato Jolanda Neff all’oro olimpico di Tokyo, palta nipponica compresa. Oltre ai bei modelli esposti, anche la grafica della mostra, dai colori sgargianti, contribuisce a rendere la visita un’esperienza piacevole dal punto di vista estetico.
Gli appassionati troveranno la superficie espositiva forse un po’ piccina per contenere il loro entusiasmo da esperti in materia: sarebbe bello poter osservare da vicino qualche bicicletta «leggendaria» in più, magari anche un modello da strada attuale, considerando che la Cervélo di Spartacus, soprannome di Fabian Cancellara, è stata impiegata per vincere la Milano-Sanremo del 2008. Ma questa, più che una critica vuole essere un complimento: caro Landesmuseum, ottimo lavoro! Tanto che ci sarebbe piaciuto poterne gustarne una fetta più grande.
L’esposizione «Ruote, corse, gloria – ciclismo svizzero» rimarrà aperta fino al 16 ottobre 2022. Sono previste delle visite guidate in tedesco.
Albert Zweifel mentre firma la sua foto appesa alla mostra, 2022. (Foto: Nadia Bendinelli)
Sguardo sulla mostra, 2022. (Foto: Nadia Bendinelli)
Sguardo sulla mostra, 2022. (Foto: Nadia Bendinelli)
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